Poesie

 

UNA VOLTA, IL POETA

Una volta il poeta
assomigliava al santo.
V'immaginate un santo
che dice "sono un santo"?
un poeta che dice "noi poeti"?
E' una parola che non ha il plurale.
Tutt'al più, numerosi singolari.
E i santi in sindacato, li pensate?
Ed un santo premiato in un concorso
con la targa, la coppa, la medaglia?

Certo credeva in Dio,
anche quando era ateo.
Piuttosto non credeva seriamente
alla propria esistenza.
Scriveva e dipingeva
per averne coscienza.
Non scriveva per vivere,
ma viveva per scrivere. La vita
- valori, ideologie e sentimenti -
non erano che creta alle sue dita.

Il poeta era un cinico
che assomigliava a Dio.

* * *

LA NONNA

Perché avete chiamato
il dottore? L'avete distratta
dalla sua distrazione.
Si era dimenticata della morte.
E la morte di lei.
Si erano distratte tutte due,
come due viaggiatori,
uno legge il giornale
e l'altro guarda fuori.
I medici tesissimi,
le infermiere efficienti, gli alambicchi,
le han fatto ricordare
che era tanto distratta
e che c'era una cosa
importante da fare,

ma che cosa? Morire.

* * *

SOPRAPPENSIERO

Il pensiero
è soprappensiero.

Se tirate uno sputo,
infilate la griglia di cantina
e non l'avreste fatto
in anni di esercizi.

Da dove viene il gesto che ti salva?
il non vedere nulla ad occhi aperti?

E l'errore mortale,
che ha cambiato tutto,
chi l'ha visto? nessuno.

Chissà da dove come una falena
è giunto il seme del capolavoro.

Il pensiero non pesa,
eppure basta nulla perché affondi.

* * *

POSSIBILI

Quante volte ho pensato:
ecco una donna che potrei amare.
Non mi è successo mai
di amare le possibili.
A volte, le impossibili.

Non sapevo che amavo proprio lei,
quella di cui non ho pensato mai:
ecco la donna che potrei amare.

* * *

IL VOLTO DEL CRISTO

Le parole, le opere, la morte
furono come il sole che non guardi
e fa vedere: così, presto, all'alba,
il volto del Maestro si dissolse,
come la luna. E cominciava il giorno.

E lo cerchi, lo immagini, lo crei,
nella tua fantasia quando più è spirito,
ma lo sai per fortuna, non è Lui.

* * *

PER WISLAWA SZYMBORSKA

Visuava
con la radice vi della veggenza
e suavis parente di hedoné,
io non voglio conoscere il tuo viso
per quanto affascinante possa essere
e preferisco i tratti sottintesi
suscitati dal gioco dei pensieri
disincantati ironici e sapienti
che passano nei versi mai previsti.

Felici i volti che si sono spenti,
Omero innanzi tutti,
poeti e belle. Che sarebbe di Elena
di Sparta, se ne avessimo la foto?

* * *

MILLE E NON PIU' MILLE

Nell'anno mille
era papa Silvestro
secondo, imperatore Ottone terzo.
Questi andò in Polonia a piedi scalzi,
dove il corpo di Ariberto, martirizzato
dai pagani prussiani,
faceva gran miracoli.
Poi frugò nella tomba
di Carlo Magno, a cui tolse una croce.
Ma la vera passione
erano le reliquie
dell'apostolo San Bartolomeo,
che erano a Benevento,
molto amate sul posto.
Perciò gli rifilarono
quelle di San Paolino, meno chiare,
ma Ottone non lo seppe e fu contento.
Il suo manto era gemmeo
ma portava in segreto sulla pelle
un cilicio bruciante come il fuoco
detto di Sant'Antonio;
il suo letto era aureo, ma sotto
c'era un lenzuolo atroce di cannucce.
(Come si seppe poi dopo la morte).

Il Duemila è diverso.
Niente reliquie e niente penitenze,
anzi tutti i peccati condonati.
E niente oscurantismo
ma lumi e luminarie a volontà.
C'è il culto della vita a tutti i costi,
anche del morto, purché il cuore batta,
come in ogni orologio.
Il papa vola sopra i continenti
con serafiche ali d'areoplano,
e viaggia tra i pagani ed i romani
ed i beneventani
in uno sgabuzzino di diamante,
come le anime sante
che apparivano a Dante.
Niente condanna a morte,
tollerata soltanto per i morti.
Urì e tabarin
soltanto un po' più in là,
ma chitarre e spaghetti anche di qua.
E' la festa delle anime innocenti.

* * *

LA SAINTE CHAPELLE

Luigi nono il Santo
aveva fame e sete
di voluttà dell'anima.
Baldovino secondo di Bisanzio,
in lotta con i turchi e i veneziani,
aveva le finanze a catafascio
o meglio una ricchezza senza prezzo:
la più alta reliquia della terra,
la corona di spine di Gesù.
Luigi l'invidiava e sospirava
nel suo cuore francone. Si credeva
in Cristo e lo si amava molto più
che padre e madre oggi, a cui in morte
facciamo la toilette più delicata,
e non sono che un padre ed una madre,
non la Potenza e non l'eternità
la verità e tutto. Si decisero:
Luigi il Santo versò
bisanti centotrentacinquemila,
quattro volte la splendida Chapelle,
cento volte il valore dei formaggi
di tutto il Regno, e parve poco a tutti,
e poco a Baldovino Imperatore,
che un po' si consolava riflettendo
che la Corona andava in mani sante
e in un luogo più degno di Gesù.
Che peccato esser vivi, non vedere
la traslazione e i popoli in ginocchio,
il solco di quel tremito di cuori.
Re Luigi attendeva
più fremente di tutte le orifiamme,
più innalzato di tutte le sue cuspidi
e mai sposa lontana fu più attesa.
Ma aspettò la notte più profonda,
poi si spogliò, indossò il saio bigio
(rimasto ancora) sulla pelle nuda,
e a piedi nudi entrò nella Chapelle.
Qui taccio per pudore e insufficienza.
Il Re adorò con tutto il proprio essere
temperando la bianca voluttà
ed uscì di soppiatto innanzi l'alba.
Nel millesettecentonovantotto
era re il Popolo sovrano.
La Raison vittoriosa fece largo.
Il Terzo Stato entrò nella Chapelle,
e in buona fede fece pulizia;
il pruno polveroso fu buttato.
Come archivio, la Chapelle sembrò
irrazionale e soprattutto buia.
Il capufficio tolse le vetriate
quel tanto che bastò, ma vi assicuro
che spirito blasfemico non c'era.

* * *

LA FAMIGLIA DELLE LUCERTOLE

Ci fu una primavera, così antica
che non la troverò in nessun cassetto
e neppure in solaio. Tornai al Sàvena
che era stato in piena. Non pareva
neppure lui; eri con me, Gastone,
che ora vegeti e attendi di morire,
non lontano da là. Come ricordi
quegli anni della prima adolescenza!
Era tutto sconvolto nel ruscello:
i cespugli infangati, i pruni sparsi,
le crete reimpastate e tutte bige.
E poi feci l'orribile scoperta:
tutto intorno alla tana, bene in cerchio,
in un'estrema fuga, si capiva,
giaceva, ventri e gole rovesciate,
un'azzurra famiglia di lucertole.
Non so perché tra tante cose, amico,
tutte le nostre vite, quell'immagine
è rimasta. Compresi la potenza
non so di quale forza traditrice.
E pietà e sgomento superarono
l'ineffabile ebbrezza dell'orrore.

* * *

DIMENTICARE LA TERRA

Dopo un pigro piumare
si comincia a volare.
E dopo si cammina
con una strana sicurezza d'ali.
Dopo un lungo acrocoro
si comincia a rimuovere.
Cadono i vani nomi
e tornano i pronomi,
come tra innamorati
o tra disincarnati.
E a forza di rimuovere
voli e passi passati
si rimuove se stessi.

* * *

PARTITI POETICI

Se fossi donna
di Dante amerei le tempie strette
e affossate e ne dedurrei
non so perché il grande, con certezza.

Di Petrarca direi
stoffa democristiana vecchio stampo;
bella casa, bei viaggi, bei soggiorni,
ma non arriverò a sposarlo mai
perché in amore è orrendamente presbite.

Foscolo? Sinceramente appassionato,
purché s'intende mi sposassi prima.

Manzoni è un gentiluomo agiato, sano
a letto, taciturno in amore,
ed è bene non dirgli mai "t'adoro"
perché si può adorare solo Dio.

D'Annunzio forse sì, è seducente
trasformarsi in medusa o in rugiada;
amatore notevole, ti guarda
come attraverso l'ambra o il cristallo.

Leopardi? Io sono donna, non "l'amorosa idea".
La messe dei mariti tra i poeti
è scarsa. E poi impegnati non li voglio.

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PRESUNZIONE

Sono così demente
che credo mi si ami solamente
perché sono io e quindi nessun altro.
Inoltre sono tanto presuntuoso
che mi credo soltanto ciò che sono.

 

 

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