Pindaro: Tutte le opere
Olimpiche - Pitiche - Nemee - Istmiche - Frammenti
(con testo a fronte)
Milano: Bompiani, 2010 (Il pensiero occidentale)
Milano: Bompiani, 2010 (e-Book)

 

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La Beozia, d'estate – la stagione vera della Grecia – è un'immensa ciotola gialla e tragica, tra monti dai nomi memorabili, feconda e brulla, dove il lago Copaide – da cui si recidevano le canne per i flauti – è scomparso e quello di Ilice s'affossa netto, irregolare e atroce come una piaga.

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Qui nacque Pindaro, a Tebe, la «madre mia», come diceva, e che onorò sempre con fedeltà, dolore e orgoglio; o più esattamente a Cinoscefale, nell'immediata campagna, dove la famiglia avrà avuto le sue terre ed egli avrà eretto il sacello della Dea Madre dove officiarono le figlie. A Delfi si celebravano le Pitiche; «la festa del quinto anno» – così lui stesso immaginò il suo più antico ricordo – «con i suoi cortei di bovi, quando ebbi il primo nido tra le fasce, nell'amore».

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Nei suoi epinici la severa tristezza viene sempre velata, perchè non ci si presenta in gramaglie agli Dei, e la deprecazione, non meno del dolore, si purifica nella gnome perchè l'«invettiva» archilochea Pindaro si era severamente proposto di bandirla; e consigliava di chiudere nell'ombra il dolore dell'uomo. (...) Di quell'uomo che per Pindaro era sempre «un sogno d'ombra», nulla senza il divino, anzi nulla proprio nella luce del divino.

 

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