Orazio: Le lettere
Milano: Rizzoli, 1983
(BUR Poesia)
6ª edizione, 2000
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Forse soltanto un Montaigne redivivo potrebbe ricordarci quello che la cultura e la psicologia dell'Occidente debbono ad Orazio. In fondo, pochi lo amano: passa per uno stoico o un moralista. Invece non volle mai insegnare nulla a nessuno. Era un uomo inquieto, dubbioso, angosciato: il contrario di un carattere imperturbabile; un animo mobile, vivace, sottoposto all'influenza delle più labili sensazioni. Aveva conosciuto la vastità del mondo e delle esperienze, e solo tardi si chiuse nel suo piccolo mondo contadino; e quella che chiamiamo la sua “saggezza” forse non fu, come accade ai grandi spiriti, che il riflesso d'una follia con la quale imparò a convivere stabilmente. Queste «Lettere» che Enzo Mandruzzato ha tradotto con una maestria che non viene mai meno, hanno insegnato alla letteratura europea la grazia dell'autoironia; il dono del colloquio mentale con gli amici vicini e lontani; l'arte di essere insieme affabili ed eleganti, di entrare, e talvolta di affondare nella vita quotidiana, e di rialzarla col gioco dello stile. |
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