Opinioni
I Dèmoni Il mondo antico come fu davvero? Come raggiungerlo? Ci possiamo fidare della guida di Enzo Mandruzzato che l’ha percorso e ripercorso negli anni, ne ha tradotto i poeti in modo insuperato, ne ha studiato le lingue proponendo vie nuove di apprendimento (a cui la gente ha risposto: il suo Il piacere del latino è stato un best-seller Mondadori), ha letto e penetrato le fonti con quello speciale piacere della conoscenza che è un sua peculiare caratteristica. Ora dalla sua cultura, ovvia e naturale per lui ma stupefacente per tutti, è nato questo libro, sbocciato come un fiore imprevisto, tutto godibile in sé, autosufficiente come una fantasia. Ed è tutto “vero”, corredato da fonti mai tradite. Narra l’anima del mondo antico, da Omero a Giuliano Imperatore: nelle svolte epocali di più di un millennio undici personaggi (sette notissimi e quattro creati) si raccontano, mettono a nudo la loro anima, le verità delle loro vite e il senso di quella storia. Sono tutti personaggi affascinanti, dominati da una responsabilità appassionata verso il loro destino, che potrebbero credersi ispirati da un daimon. Ognuno è una categoria: la religiosità, l’amore della poesia, la passione per la grandezza della propria gente, la sapienza, l’amore, la nostalgia o sogno di far rivivere un mondo perduto. Come l’ultimo dei suoi personaggi, Giuliano, Mandruzzato sogna forse una pitagorica reincarnazione dell’anima antica nel nostro mondo: non sarebbe cosa nuova, ci fu già il Rinascimento. Dalla metà del libro comincia quella compresenza delle due concezioni del mondo, la classica e la cristiana, nelle cui alternanze e interferenze, coabitazioni ed esclusioni l’anima antica, che pare estinguersi, impregna di sé il Cristianesimo e lo trasforma. Una delle pagine più affascinanti è la confessione “pitagorica” dell’imperatore Giuliano che contrappone l’eternità dell’io al “materialismo” cristiano bisognoso del corpo, che vuole risorto colla morte per il Giudizio. “Lo spirito è come la prua dell’io, e si apre un solco nel mare dell’esistenza e dell’ignoto senza mai vedersi con le sue cubie…” (pp. 288-289). Sarebbero da citare molte osservazioni, immagini e pensieri che la memoria del lettore trattiene, persuasa dall’eleganza dello stile, esperto di tutti i toni e i registri di questa narrazione complessa. Dallo spiritualismo mitico dell’arcaismo omerico, quando gli Dei visitavano gli uomini, al maturo misticismo del IV secolo, undici vite ci tentano, fuse e indipendenti, ognuna con lo stile anche narrativo del personaggio: Nestore parla come cavaliere anziano dell’orda achea alla presa di Troia, Erode da “tetrarca”, l’”uomo della Sindone” da bandito qual è, Paolo da “inviato” del Cristo, Catullo da poeta, Orazio da sapiente… Ognuno si propone, direi meglio si impone, con la forza del vissuto. Proprio come si sono imposti all’autore, che non si era prefissato di narrarli, per poi andare alla ricerca dei documenti necessari, ma, al contrario, studiando ad altri fini i documenti, a un tratto se li è trovati formati, nati nella mente. Scrivendo per la Mondadori un libro su Omero, si è incontrato con Nestore (e Achille), traducendoli, con Catullo e Orazio, nei suoi studi cristologici, con Paolo e così via… Ma perché ha voluto che si raccontassero da sé, non li ha narrati lui come ha fatto con Foscolo? Lo dice chiaramente, che non solo la prima persona gli è venuta più naturale e spontanea, ma che essa permette di superare senza lacune artistiche le lacune dei documenti antichi facendole coincidere con le scelte della memoria, che coglie dal tutto le cose che ci importa dire di noi. Osserviamo così da vicino e dall’interno alcuni tra i potenti più calunniati della storia: Erode, Nerone, Giuliano, personaggi travisati dai luoghi comuni della cultura, Achille, Catullo, Orazio, Paolo… Il Professor Giuliano Pisani, grecista consumato, presentando il libro il 26 maggio, ha parlato di un “misterioso contatto” che Mandruzzato riesce a stabilire con l’io profondo dei protagonisti; nella stessa occasione, la poetessa Raffaella Bettiol ha parlato del libro come di un nóstos, un viaggio di ritorno alla grande civiltà greco-romana che è la nostra casa e la nostra origine. Tra il quasi tutto che resterebbe da dire, diciamo che questo è un libro per tutti, almeno tutti quelli che del mondo antico hanno la curiosità. Gli studiosi saranno certo i più provocati dalla novità dell’impostazione, dalla messa in discussione di tutto il noto, o meglio dall’energica rimozione di tutte le polverose e pigre stratificazioni, ma il lettore comune, quello che Mandruzzato incoraggia a leggere gli antichi senza paura, proprio come i moderni, troverà nel libro tutte le conoscenze di cui ha bisogno, e con i suoi personaggi proprio quel mondo antico che cercava. ROSAMARIA GALLABRESI |
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(ANONIMO) I recenti richiami al 60° della Resistenza non di rado senza condivisa interpretazione, hanno ancora una volta dimostrato la necessità di contemplare, in quel Novecento, il precedente regime mussoliniano e quindi, innanzitutto, l'origine di un venticinquennio di episodi articolati attraverso una continuità meglio comprensibile se viene considerato il punto di partenza. In verità gli anni dal 1918 al 1922, dalla fine della Grande Guerra alla Marcia su Roma, non hanno prodotto la stessa abbondanza storiografica di altre successive fasi della ambiziosa, proclamata Era Fascista. Questo diario offre l'occasione per comprendere motivi di vario ordine, economico, sociale e politico dell'insorgenza del fascismo attraverso l’esemplificazione di quel che capita all'autore, un paradigmatico protagonista di quel tempo. Di lui non viene dichiarato il nome per impegno di segretezza. Ma il curatore ne conosce perfettamente non solo l'identità, ma anche il destino politico, durante la Resistenza, di chi avendo aderito, come buona parte della generazione di reduci del ceto medio e borghese, sin dalle origini, all'originale corso politico, ha resistito fino all'ultimo nella fedeltà alle proprie idee, militando infine nella Repubblica Sociale in un momento in cui il vissuto del diarista ricompare, per segnalazione del curatore, con un dramma umano estraneo alle vicende propriamente storiche, ma riconducibili a quelle personali del dopoguerra. Questo diario segue invero in parallelo due percorsi, quello del reduce decorato in rapporto con la società in fase di transizione e quello del giovane intellettuale, latinista, con le sue problematiche sentimentali vagamente dannunziane e con gli incidenti della sua età. Chi dunque voglia trovare materiale rappresentativo di quell'epoca definita come “l'agonia dello stato liberale” potrà via via ritrovare sufficienti elementi per comprendere lo stato d'animo, il moto reattivo agli errori del socialismo di allora, e valutare una modalità di giudizio sui problemi sociali che quel dopoguerra aveva suscitato, un giudizio ricavabile dalle osservazioni di chi poi, nel finale del diario, decide di partecipare alla Marcia su Roma con subitanea decisione, facendo parte della colonna dei romagnoli che da Perugia si dirige verso la capitale. Considerando la rarità di resoconti documentati di quelle personali esperienze, quanto yien narrato acquista singolare interesse, soprattutto nelle pagine terminali relative alla conquista del governo da parte di Mussolini nell'ottobre 1922. Armando Diaz con il Bollettino della Vittoria; D'Annunzio a Fiume: Lenin, Trotzkij e Wilson; Orlando, Sforza, Clemenceau a Versailles; Bissolati, Turati, Treves socialisti; Giolitti, Nitti e Facta; Starace a Trento; Pirandello, Palazzeschi, Ungaretti. Papini, Panzini; Bordiga comunista; i quadrumviri della rivoluzione; Giovanni Breda e i martiri fascisti: nomi che compaiono qua e là nel vivace e triste clima politico di guerra civile, con la costante presenza di Benito Mussolini e il suo conclusivo, ben riuscito colpo di Stato.
GIULIANO LENCI |
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Ti perdono la morte Anche la copertina del libro, grigio-cenere, con
qualche macchia più oscura, sparsa come una lagrima, è significativa
di questo libro di poesia: un poemetto sulla morte della propria
madre, del poeta Enzo Mandruzzato. Alla fine di esso, infatti, si
consuma l’incontro e il confronto con la madre; e il figlio ne
sparge la cenere, ne dissolve, come il suo antico maestro filosofo,
pietosamente, l’ombra, la sua «forma d’atomi»: madre e figlio sono
finalmente conciliati, consumati nell’amore, nel lutto, nel nulla,
che succede al buio della morte. E’ un libro drammatico, questo di Enzo Mandruzzato.
Che ha la sua massima espressione in quel verso che lo titola,
paradossale, disperato, misterioso: «...e non Dio è misterioso.., ma
tu - .. .» «Tu volevi salvarmi dalla vita…» (pag.46). Siamo al nodo
centrale del conflitto: «Tu hai sempre temuto / che io amassi poco
la vita, / ma mai ti sei permessa d’accettare / una calunnia cosi
grave, / un pensiero cosi umiliante e tragico / un’offesa così bassa
a ciò che chiamavi Dio» (pag.14). Il figlio è entrato nella vita,
disadatto ad essa, all’essere al mondo, al suo destino di avere una
madre avida di essere, di esistere, sicura, schiava assoluta del
figlio, in cui ha la sua grazia unica. Il figlio la perdona: «ti
perdono / la morte mentre tu, più intollerante e grandiosa / non
perdonavi mai il mio dolore.» |
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Ti perdono la morte Nulla di più difficile che
toccare temi ricorrenti con la massima frequenza nella letteratura,
come il rapporto madre-figlio, entro la raggiera della sue
connessioni implicite con psicologia, sociologia, e regioni del
simbolico. E' un terreno comunque "pericoloso", per la facilità di
enfasi e scivolamenti di ogni genere che vi sono impliciti, ed
insieme minaccioso e incombente per una sua "eterna necessità" a
raso dell'indicibile. E davanti a questa nuova prova poetica di Enzo
Mandruzzato, figura estremamente caratterizzata e avvertita nella
sua poesia (oltre che notissimo filologo, e fresco, intrepido
divulgatore) il suo aver toccato quel tema già allarma, e poi,
nell'atto dell'invenzione spiazza il lettore, andando ben più in là
delle aspettative. |
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La traduzione della poesia …E' foltissima la sua attività
di traduzione… e spazia dal mondo classico (Orazio, Marziale, Esopo,
Fedro, fino ai tragici greci come Eschilo ed Euripide o lirici come
Pindaro o Catullo) fino all'area contemporanea: si segnala per
Adelphi la splendida traduzione di Hölderlin (1978) e una densa
perlustrazione saggistica su Omero e la lingua latina uscite per
Rizzoli e Mondadori. |
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Omero: il
racconto del mito |
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