Eschilo: I Persiani - Prometeo incatenato - Le Supplici
in Tutte le tragedie
(con testo a fronte)
Roma: Newton Compton, 1991
(Grandi Tascabili Economici)

 

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Prometeo incatenato e Le Supplici apparsi, con l'Andromaca, lo Ione, l'Ifigenia in Tauride  di Euripide, nel Teatro greco - Tutte le tragedie a cura di Carlo Diano, Sansoni Firenze 1970. La versione del Prometeo incatenato, interamente riveduta per la progettata edizione con testo critico, ampio saggio introduttivo e ricco apparato di note, è stata gentilmente concessa, con licenza temporanea, dalla Rizzoli. Inedita invece è la versione dei Persiani, appositamente composta.

Quello di Prometeo si direbbe il mito più rappresentativo della cultura occidentale. Siamo all'alba della storia, all'origine dell'ordine di Zeus. Gli uomini sono già avvenuti, ma la loro pochezza è incommensurabile all'onnipotenza divina. La pietà di Prometeo, che ruba per loro il fuoco, li salva, ma di questa "follia" viene punito, incatenato per millenni al Caucaso. Da questo grandioso conflitto interno al Divino si attende una futura armonia, una rivoluzione religiosa che permetterà all'uomo di entrare, mediante il culto, in rapporto con gli Dei.

Nel teatro di Eschilo, vera "sacra rappresentazione" del mondo antico, gli Dei non sono mai assenti, anche quando, eccezionalmente, si affaccia sulla scena la "storia", quella recente, le guerre persiane, di cui anche Eschilo è stato un combattente. Anzi, nel suo epitafio, proprio questo merito verrà ricordato, e del teatro si tace. Nei Persiani l'"invidia degli Dei" tenta Serse alla battaglia di Salamina, e il disastro persiano, rappresentato a lungo, minuziosamente, è insieme sventura e punizione della "dismisura", sempre vendicata da Zeus "duro giudice".

Le Supplici sono cinquanta fanciulle che, come uno stormo di colombe inseguito dagli sparvieri, sfuggono nozze destinate ma odiose e, guidate dal padre, giungono esuli in Grecia. Mentre già la nave dei pretendenti arriva, si rifugiano presso un'ara, invocando Zeus, che protegge gli ospiti, e chiedono di venir difese. Il re del luogo, concede e si prepara alla lotta. Qui il testo s'interrompe. Resta lo straordinario ritratto di queste coraggiose ragazze che osano sperare e agire contro il destino, desiderare la felicità, sia pure immaginata secondo la corta vista degli uomini.

Mandruzzato ritrova con straordinaria sapienza i ritmi austeri e le scansioni pausate di questo teatro all'origine del teatro, in cui il sentimento della verità religiosa consuma senza residui la finzione scenica.

 

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