Autobiobibliografia

 

"Un secco elenco di titoli, nel mio caso una trentina, - la cosiddetta bibliografia - al lettore non direbbe nulla. Penserei piuttosto di raccontare, brevemente e parzialmente, contenuti, tempi e intenzioni. E, volendo, c'è anche la mia biografia. Del resto altro da raccontare non avrei. Non ho avuto molto tempo né voglia per altro, neppure per la politica letteraria.

Il primo libro che pubblicai - tralascio gli ambiziosi Beiträge, obbligatori per un assistente universitario - fu un Orazio lirico (Liviana '58), saggio e traduzione, ristampata da Rizzoli nell' '85. Seguì il libro dei miei versi, Le annate, edite da Neri Pozza, editore allora ambito, del '61. Dopo, a parte i Beiträge, m'immersi nella traduzione di poesia, latina e greca soprattutto. Così filologia e poesia si conciliavano. La traduzione di poesia (o meglio della poesia di un testo poetico) la sento come l'equivalente letterario dell'esecuzione di uno spartito musicale, e può essere non da meno, nella sua conclusività e concretezza, di qualunque esegesi. Furono pubblicate più tardi (e in parte mai).

Partecipai di mala voglia a un concorso per i Licei, ma fui tra i primi (ciò che mi tolse il diritto di rifiutare una cattedra, che significava ben settantamila lire al mese di stipendio) e ne fui invidiato. Cessarono i Beiträge e si estese il contenuto dei lavori. I primi due apparsi con grandi case editrici furono un Foscolo (Rizzoli '78, più tardi tradotto per la Fayard di Parigi), e Hölderlin (Adelphi '77-'78). Il loro successo di critica e di pubblico mi convinse a pubblicare i miei autori, aggiungendo per ognuno il suo saggio: Fedro, con relativo testo critico, Orazio "Le lettere", i Lirici greci dell'età arcaica, tutti con Rizzoli, dal '79, con molte ristampe; con la SE, in quattro volumi, tutto Pindaro, il magnifico, chiaro Pindaro. Con la Biblioteca dell'immagine ('89), Il buon messaggio seguendo Matteo.

Poi un ritorno alla poesia autonoma: i versi Solo il segno del due ( Hellas '85) con una prefazione di G. Spagnoletti e giudizi di M. Luzi e G. Scalia, e il romanzo Quinto non ammazzare (Marsilio '90), che Francesca Sanvitale sintetizzò bene come "il romanzo dedicato ai nostri taciti, oscuri delitti di cui neghiamo ogni colpa".

Il periodo mondadoriano, l'ultimo, ha chiuso antiche esperienze. Il piacere del latino ('89) ebbe subito quattro edizioni e continua negli Oscar bestsellers. Nacque dall'esperienza di tanti anni e dalla convinzione che il latino sia gustosamente assimilabile per un italiano, quanto indispensabile per capire la nostra lingua e la nostra letteratura. I segreti del latino ('91) lo completano da un punto di vista strettamente semantico. Per le persone libere ho scritto Il piacere della letteratura italiana ('96), cercando di cogliere, come di vecchi amici, il centro e il cuore degli uomini e degli artisti. Le novità non le ho cercate, ma è incredibile quante ne sorgono in una lettura del tutto priva di convenzioni.

L'ultimo libro mondadoriano, uscito direttamente negli Oscar, è Omero. Il racconto del mito ('98). Spero che contribuisca a far leggere il più autentico dei narratori senza banali luoghi comuni e dotti pregiudizi."

Autobiobibliografia (da Ti perdono la morte, 1999)

 

*  *  *
*  *
*